Don Alfonso ringraziava ogni giorno Dio per il progredire quasi
miracoloso dell opera e guardava con fiducia lontano
Era contento e fiero delle sue suore. Ma proprio le più fidate
sollevarono la tempesta della separazione, che fece tremare il cuore
del Padre. Iniziò Sr. Giacinta Ferrara, Superiora di Roma,
la quale agì secondo il proprio arbitrio. Accolse di sua
iniziativa le aspiranti, fece celebrare la vestizione di quattro
postulanti. Chiese la nomina di Don Costantino Fantini a deputato
ecclesiastico dellIstituto e ne ricevette la lettera dalla
Segreteria del Vicariato. Accumulò denaro dalla questura
senza mandare più nulla al P. Fondatore. Acquistò
un terreno in via degli Scipioni con l intento di fabbricarvi
una casa. Cercò di attirare le suore dalla parte dicendo
loro che la Casa di Roma intendeva fare un Istituto regolare. In
questa sua aspirazione si sentì fortemente appoggiata da
don Fantini e da Monsignor Gagliardi. Ma il colpo più duro
gli venne inflitto dalla suora da lui più stimata e rispettata.
Si, proprio da Sr. Crocifissa, che mal sopportava la fondazione
degli artigianelli. Ella inizia con l impedire alla suore
questuanti di portare tutto il ricavato della questura al Padre.
Infatti, segretamente si faceva dare buona parte dei soldi dicendo
che doveva comprare della roba che il P. Fondatore non deve sapere.
La notizia di questo dissidio giunse a Roma e rafforzò Sr.
Giacinta nella sua posizione. Con notevole disappunto Don Alfonso
venne a conoscenza della situazione romana. Il 28 novembre mandò
a Roma la Superiora generale Sr. Crocifissa, per sostituire Sr Giacinta,
superiora della casa con Sr. Artemisia Cirillo. La sorpresa sgradevole
fu che Sr. Crocifissa non ritornò alla Casa Madre, ma si
schierò con le dissidenti, affascinata dal possibile riconoscimento
dellIstituto, a lei prospettato da Sr. Giacinta, nel caso
Don Fantini avesse preso in mano le redini dellIstituto.
Sr. Artemisia Cirillo, male accolta e maltrattata, ritornò
in Angri e riferì tutto al Fondatore, il quale paziente e
prudente, per non mettere in cattiva luce Sr. Crocifissa, non avanzò
alcuna domanda. Decise di recarsi personalmente a Roma. Il 19 dicembre
giunse in via Germanico e bussò alla casa delle sue suore,
ma queste non gli aprirono la porta. La suora portinaia finse di
non conoscerlo. Don Alfonso insistette chera lui, il Padre,
ma la suora rispondo che per disposizione delle diocesi non poteva
accettare forestieri. Il Fondatore stentò a credere,avrebbe
voluto che fosse un brutto sogno.
Il suo cuore fu trafitto dal dolore. Si recò a San Pietro
accompagnato dal nipote Monsignor Del Pezzo, si fermò davanti
alla statua di S. Alfonso e disse: Se saprò soffrire
come te sarò santo anchio.
Andò ad alloggiare prima in un albergo, poi presso i Padri
Redentoristi di San Gioacchino nel quartiere Prati di Castello.
Mise come intermediario di pacificazione il Superiore, il quale
si recò in via Germanico e parlò con Sr. Crocifissa.
Dal colloquio con la suora comprese che le divergenze col Fondatore
erano troppo profonde, consigliò, quindi, Don Alfonso ad
esporre il caso al Cardinale Vicario.
Il 6 Febbraio del 1910 chiuse la parabola della sua appassionata
esistenza e vola santamente al cielo.Figlie mie, dal cielo non vi
dimenticherò e pregherò sempre per voi.
Un impegno e una benedizione che le Suore Battistine continuarono
a sperimentare.
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