Il sogno

Il Sogno

Già durante gli anni del seminario, il Beato aveva un’idea ben precisa,un sogno da realizzare, per il quale egli si impegnò con infinito amore e incredibile dedizione con tutte le sue forze. Il suo desiderio era quello di occuparsi di tutti i bambini poveri e abbandonati che non potevano contare su nessuna guida, né culturale né spirituale.
Durante il periodo trascorso in seminario il giovane Alfonso sognò Gesù Nazareno che gli disse: “Alfonso, tu devi fondare un istituto di suore, che chiamerai il Nazareno e un orfanotrofio maschile e femminile. Il suolo è già pronto, non hai che da fabbricare.Appena sacerdote devi occuparti di questo.”
Furono queste parole che illuminano il cuore di Alfonso e lo spinsero a desiderare di poter dare una possibilità ai poveri orfani abbandonati a se stessi e alla strada, per poterli educare, per formarne le coscienze, per insegnare loro un mestiere: accogliere ed amare i più piccoli e sfortunati tra loro. Potrebbe sembrare una vera e propria utopia, ma quando è Cristo a fare da guida, non ci sono ostacoli tali da fermare la volontà divina. Un primo passo verso la realizzazione del sogno si ha nel 1870 anno in cui, sfidando i molti pregiudizi, Don Alfonso apre coraggiosamente le porte della sua casa paterna per accogliere ed istruire gli orfani. Diede vita ad una piccola scuola elementare gratuita, modello e presupposto del progetto futuro delle Suore Battistine.
Tutti i costi, per l’istruzione, per il vitto, per gli indumenti, furono a carico del Beato Fusco. Era nata ad Angri la prima scuola per i figli del popolo, primo luogo di educazione cristiana e culturale accessibile a tutti.
Il Fusco mirava a fare dell’educazione uno strumento di promozione sociale, infatti nel suo progetto didattico c’era spazio per l’educazione scientifica, per la formazione cristiana e, naturalmente, per l’addestramento professionale, al fine di garantire ai suoi orfanelli l’inserimento nel mondo del lavoro.
Il progetto del Fusco era di più ampie prospettive: egli avrebbe voluto fondare un vero Orfanotrofio.Egli manifestòil suo desiderio al suo superiore, padre Giuseppe Maria Leone il quale, ben conoscendo il contesto socio-culturale di Angri, lo incoraggiò ad attivarsi per realizzare il progetto che Dio gli aveva messo nel cuore.
Gli altri sacerdoti di Angri, invece, non appoggiavano l’idea di Don Alfonso: probabilmente essi preferivano stare tranquilli fra le mura domestiche di una famiglia benestante e svolgere la funzione di precettore. Nonostante questi pareri contrari, Don Alfonso continuò a pregare con grande fede il Signore, affinché lo aiutasse a trovare i mezzi per realizzare il suo sogno.
L’aiuto di Dio non si fa certo attendere: una vedova di Angri senza figli , Raffaella Graziano, donò la sua proprietà a favore delle “orfane pericolanti”. Così, nel 1877 viene inaugurato ad Angri l’orfanotrofio che ospitò quattro fanciulle e quattro suore Compassioniste; il Fusco lo pose sotto la protezione del quadro di Maria Addolorata. Col passar del tempo, però, don Alfonso si accorge che non è quella la via della Provvidenza per realizzare il sogno che l’accompagna fin dai giorni passati in seminario. Per questo motivo, in accordo con la signora Graziano e con le suore Compassioniste, si riprese il quadro e cessò la sua collaborazione.
A questo punto avviene un importante incontro: Don Alfonso conosce in casa della vedova Graziano, una giovane fanciulla, Maddalena Caputo, che desiderava consacrare la sua vita al Signore per aiutare i bambini più bisognosi di Angri. Due persone che ardevano per lo stesso sogno ed erano guidate dalla volontà del Signore, unirono le loro forze per la realizzazione del sogno comune.
Il Beato cercò più volte l’approvazione del vescovo, Monsignor Raffaele Ammirante, il quale mise a dura prova la fede e l’umiltà del nostro sacerdote prima di concedergli il permesso di fondare una congregazione a favore dei bambini bisognosi e delle fanciulle a rischio.Don Alfonso continuava a pregare, credere e sperare….aveva immensa fiducia in Dio.
Finalmente il vescovo diede il suo benestare!
Il parroco dell’Annunziata, Don G. Latterese, gli vendette la casa che avrebbe ospitato il nuovo ordine, nella borgata di Ardinghi: un caseggiato con un piccolo giardino. Alla giovane Maddalena si sono unite, nel frattempo, tre compagne, animate dallo stesso ideale: Colomba Marra, Generosa Cuccurullo e Maria Neve Gallo.
Infine, il 26 settembre 1878,le quattro giovani, raccolte intorno ad un altarino di occasione, su cui era collocato un crocifisso e il quadro di Maria Addolorata, parteciparono all’Eucarestia celebrata da don Alfonso, che diede inizio alla prima comunità dell’istituto.
L’opera del Fusco era portata avanti dalla sua carità cristiana, dal suo amore per i poveri e dal desiderio di aiutare i più bisognosi: nonostante ciò, alcune persone non vedevano con favore la nascita della nuova comunità e gli abitanti del rione Ardinghi sollevarono addirittura una ribellione cui aderirono il sindaco e altre autorità.
La gente rimproverava al Fusco di aver commesso l’impudenza di aver fondato un’opera nuova e del tutto superflua, giacchè ad Angri esistevano già le suore Compassioniste. Gli inizi, dunque, non sono per niente facili, ma lo zelo ardente che animava le giovani fece loro superare ogni lotta e difficoltà. La piccola comunità va avanti, crescendo nel numero e nello spirito, secondo gli orientamenti di don Fusco.
Dopo due anni di intensa formazione spirituale,il 16 luglio 1880, il vescovo Mons. Ammirante volle dare al Fusco e alla sua opera un nuovo attestato di benevolenza e fu lieto di presiedere la cerimonia della vestizione nella cappella della nascente istituto.
Il vescovo benedice i sei abiti che dovevano indossare le nuove suore: tra queste fu designata Superiora Maddalena Caputo, che prese il nome di Suor Crocefissa del Divino Amore. Il vescovo Ammirante, prima di andar via, augurò alle suore di moltiplicarsi e di farsi sante con la guida del Signore e di don Alfonso.
Gli obiettivi che si prefiggeva l’Opera appena fondata erano l’evangelizzazione, l’educazione e la cura dei fanciulli e dei giovani poveri, bisognosi e a rischio.
Il nuovo Ordine fu chiamato “Ordine delle Suore Battistine del Nazareno”, denominazione che veniva incontro ai desideri del Fusco, che avrebbe voluto chiamarle semplicemente “Nazarene”, e quello del vescovo, che voleva chiamarle
“ battistine” in onore di San Giovanni Battista, patrono di Angri. L’abitazione che ospitava le suore viene chiamata “Piccola Casa della provvidenza”.
Un ruolo di primissimo piano svolse nella “Piccola Casa della Provvidenza” suor Crocifissa, che non solo educò nella verità della fede le ragazze abbandonate a se stesse, ma le istruì, insegnando loro a leggere e a scrivere. Ella fu Madre e Maestra insieme, il braccio forte di don Alfonso.
Fin dall’inizio della fondazione, don Alfonso intuì che era necessario far accedere le suore a regolari corsi di studio, in modo che poi fossero in grado di educare scientificamente e cristianamente gli orfani affidati alle loro cure. A tale scopo don Alfonso aprì la prima casa per studenti a Benevento, nella località chiamata Cortile dei Bagni.
Il Beato è finalmente felice e soddisfatto perché vedeva che la Provvidenza benediceva i suoi sforzi e le sue fatiche, le suore avevano raggiunto un numero ragguardevole e anche il numero delle orfanelle era aumentato considerevolmente. Anche se molti erano gli impegni in cui don Alfonso spendeva le sue energie per la direzione del nascente istituto, egli trovava il tempo anche per continuare ad esercitare con zelo il suo ministero sacerdotale attraverso la predicazione, la confessione e l’amministrazione dei sacramenti nella collegiata di san Giovanni Battista, nella parrocchia dell’Annunziata, come missionario di S. Vincenzo nei paesi vicini e nella cappella Maria SS. Di Costantinopoli. L’obiettivo di don Alfonso era quello di migliorare la società del suo tempo attraverso l’educazione e la formazione dei fanciulli: “…affinchè essi da adulti non diventino piaghe sociali e rovina della famiglia e della società”. A questo scopo prese in affitto alcune stanze del piano terra nel cortile Iovine, in via concilio. Il 29 settembre 1889 aprì “ l’opera degli Artigianelli ”, che mise sotto la protezione di san Michele Arcangelo.
All’inizio vi erano solo tre orfani ma subito se ne aggiunsero degli altri, il numero s’incrementava sempre più, tanto che ben presto lo spazio non fu sufficiente. Don Alfonso cercò, invano, dei locali più spaziosi. Alla fine fu costretto ad ampliare, suo malgrado, la piccola Casa della Provvidenza, nella parte separata dall’abitazione delle suore e delle orfanelle.Questa soluzione non fu particolarmente gradita a suor Crocifissa, che per la prima volta fu in contrasto con don Alfonso.
La madre superiora temeva la vicinanza dei ragazzi alle educande e alle orfane potesse creare dei problemi. Sicura di non riuscire a persuadere da sola don Alfonso , si rivolse al vescovo. Don Alfonso non avrebbe mai voluto lasciare quei fanciulli educati e amati da lui per due anni, ed anche in questa situazione difficile la Divina provvidenza intervenne a risolvere la situazione. Nacque infatti la Scuola degli Artigianelli, un’invenzione della carità del Fusco, per aiutare concretamente i ragazzi, facendo loro imparare un mestiere e garantendo loro un posto di lavoro. Questa nuova attività riscosse molto successo tanto che la scuola si trasformò presto in un vero e proprio centro di formazione artigiana e tecnica. Fiore all’occhiello di queste attività tecniche fu la tipografia, che permise al Fusco di pubblicare molti opuscoli di carattere religioso, per diffondere il messaggio cristiano.
L’amore del Beato Fusco non si limita ai giovani, ma raggiunse tutte le categorie di persone bisognose d’amore e carità: nella piccola Casa della Provvidenza vennero accolte anche alcune creature deformi rifiutate dalla società, come Rachele, vissuta fino agli anni sessanta.
Durante tutta la sua vita, don Alfonso riuscì a portare il suo carisma in ben 16 città italiane e nell’America del nord: egli attribuiva il progresso dell’Istituto a Dio.
Egli stesso era solito dire alle suore Battistine che nel loro progredire c’era il dito di Dio.

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