Un cambiamento prodigioso

Un cambiamento prodigioso (1953)

Il 23-9-1953 il giovane Andrea G., di 18 anni, cadendo da un albero di fichi, precipitò su un palo appuntito rimanendovi conficcato e riportando l’impalamento del retto, della vescica e dell’intestino. Tirato fuori dalle persone accorse, fu ricoverato d’urgenza nella clinica Adinolfi, poco distante dalla sua abitazione in Angri (SA).
Il Professore Amedeo di G., primario chirurgo degli Ospedali Riuniti di Napoli, dopo aver apprestato i primi soccorsi, disse: «Qui non c’è niente da fare» e rivolto alle suore, ivi presenti, aggiunse: «Ora qui deve lavorare il vostro Fondatore», significando che solo un miracolo avrebbe potuto salvare il giovane da morte sicura. Fu operato ad ogni modo la stessa sera; l’operazione durò più di due ore.
Le suore, visto che la scienza non avrebbe potuto far nulla per salvare la vita del povero giovane, pensarono ad occuparsi dell’anima facendolo confessare.
A ciò però si opponevano i genitori e specialmente il padre che era comunista; ma nonostante le sue proteste, vedendo che la fine era certa e imminente, le suore riuscirono a persuadere il giovane a confessarsi. Quanto a ricevere la Comunione, era ben altra cosa: difficile a persuadere i suoi parenti ed anche lui non voleva contrariarli. È qui che si ricorse con fede all’intercessione del Servo di Dio Alfonso Maria Fusco, perchè, se non era volontà di Dio che gli avesse ottenuto la guarigione, gli avesse ottenuto almeno la conversione. Il Dottore aveva detto che il ragazzo sarebbe finito durante la notte, ma il Signore volle che sopravvivesse, sebbene le sofferenze fossero diventate intollerabili; si tentò perciò di persuaderlo a ricevere il Santo Viatico. Fu chiamato il Sacerdote, il quale però dovette fare dietro front perchè il padre si oppose adducendo la ragione di non voler allarmare il figlio e accelerare la catastrofe. Anche il giovane, sia perchè non era convinto, sia anche per non contraddire il padre, rifiutò la Santa Comunione. Il disappunto e la costernazione di tutti i presenti erano grandi; le suore compiangevano quei giovane e perciò raddoppiavano le preghiere: giacchè non era possibile la guarigione del corpo, si chiedeva e si voleva ad ogni costo quella dell’anima. Il Signore ascoltò le ferventi suppliche: verso le dieci, ossia un’ora dopo il preciso rifiuto, l’infermo chiese spontaneamente la S. Comunione. La suora che lo assisteva gli disse che il Sacerdote era già andato via ma che subito sarebbe andata a chiamarlo. E lui: «Mi dia lei l’Ostia che voglio ricevere Gesù, presto». Le suore commosse fino alle lacrime, ringraziarono il Signore che, mediante l’intervento del loro Padre Fondatore e della Vergine addolorata, aveva fatto la grazia all’anima del giovane. Fu chiamato subito il Sacerdote e l’infermo ricevette il S.Viatico con tale fervore, da destare ammirazione e commozione in tutti gli astanti. Gli effetti della S. Comunione furono istantanei e sorprendenti: il giovane parve trasformato, sembrava un angelo; un cambiamento prodigioso si verificò in lui e per conseguenza nei suoi familiari, che andavano riacquistando la fede, insieme a una tranquilla uniformità alla volontà di Dio. Il felice transito del giovane fu infatti quanto mai edificante: segno certo dell’intervento divino, mediante l’intercessione del Servo di Dio a cui tutti si erano rivolti con illimitata confidenza e grande speranza.
Riferiscono le Suore Battistine, che prestano servizio alla clinica e lo confermano quanti erano presenti, che quando fu presentato il Crocifisso all’infermo egli lo abbracciò baciandolo e ribaciandolo con grande trasporto, dicendo: «Come sei bello, come sei dolce Gesù », e quasi in estasi d’amore: «Gesù ti amo, come sei bello ».Per due volte chiese ai presenti d’inginocchiarsi e di pregare per lui, poi volle ad uno ad uno tutti i suoi familiari, chiamandoli per nome, quasi prendendo da loro commiato. E al padre: «Non fare troppe spese papà, stai buono, non piangere, arrivederci in Paradiso». Continuando le suore ad esortano a pregare il Fondatore, perchè gli ottenesse la grazia rispose: «Già me l’ha fatta la grazia il Padre Fondatore, mi ha guarito». Egli parlava come ispirato, le sue parole e le sue preghiere erano l’effusione di un’anima tutta compresa dalla Divina Presenza. Quando la suora gli disse di ripetere con lei « Gesù mio, misericordia», egli con voce chiara e intonata ripetè cantando: «Gesù mio, con dure funi chi crudele ti flagellò: sono stati i miei peccati, Gesù mio perdon pietà». Dopo il canto si riconcentrò in se stesso come immerso in profonda meditazione ripe-tendo di tanto in tanto: «Flagellato per i miei peccati… Lui sì era buono… flagellato.., la signorina Desiderio che mi preparò alla Prima Comunione disse che gli diedero settecento battiture…». Di nuovo silenzio; poi riprendeva con più ardore a cantare, «Gesù mio, ecc.». La suora temendo che quello sforzo gli facesse male, recitava alcune giaculatorie, che egli ripeteva con grande sentimento e trasporto. In qualche momento l’attaccamento alla vita ritornava e con esso il desiderio di guarire e allora faceva delle promesse. « Se io guarirà darò il mio cavallo e centomila lire (il padre gli aveva comprato da poco il cavallo). Com’è bello il mio cavallo; sì gli dò il mio cavallo, poi ne comprerà un altro. Se guarisco, voglio andare carponi presso la tomba di Alfonso M. Fusco al convento delle suore, voglio andare elemosinando, non mi vergogno, si deve vergognare chi fa il male, io voglio andare a tutti i santuari e tu, papà, verrai con me?… farai tutto quello che ti dico?». Alle assicurazioni del dolente padre, straziato dal dolo-re, egli aggiungeva: «Va bene». Poi voleva che a qualunque costo il padre facesse venire il professore da Napoli, ma questi mostrandogli il Crocifisso che aveva fra le mani diceva: «Figlio, guardami, questo è il primo medico, se Lui vuole, solo con uno sguardo può guarirti; raccomandati a Gesù Cristo, figlio mio, e stai tranquillo». La suora che vedeva imminente la fine si affrettò a fargli ripetere l’atto di rassegnazione: «Gesù, se è bene per l’anima mia, fammi la grazia della guarigione, altrimenti ti offro la mia vita per la salvezza dell’anima mia». E lui con perfetta calma e rassegnazione, senza esitare ripetè la preghiera. La suora continuò : « Se tu vai in Paradiso, vedrai la Madonna, Gesù, 5. Giuseppe», e lui: «Vedrò anche gli angeli grandi e piccoli? »; «Sì», gli fu risposto. Parve soddisfatto e felice. Ad un certo momento la suora gli fece baciare la corona de Padre Fondatore e gli disse di raccomandarsi a Lui che l’avrebbe aiutato. Egli rispose che lo zio conosceva bene il Fondatore, e spesso gliene aveva parla io; ma aggiunse: «Allora non lo conoscevo e non ne facevo gran conto, ma ora sì che lo conosco, ora sìche lo stimo» e baciava più volte la corona che gli pendeva dal collo. Qualche momento dopo disse alla suora, che gli porgeva il Crocifisso da baciare: «La sciatemi questo Crocifisso, voglio tenerlo in man per sempre… sempre».
La suora allora staccò dalla parete il Crocifisso glielo diede: «Ecco questo è più grande, tienilo». Una gioia indicibile inondò il suo volto e con tra sporto di ardente amore, se lo abbracciò, se lo strinse al cuore, lo premè sulle labbra, baciò ad un ad una tutte le sue piaghe e ripetè: «Come sei bello Tu sei moribondo come me»; «Tu sei Dio», ripetè la suora, ed egli: «Tu sei Dio, e puoi aiutarmi». Rivolti al padre: «Papà non ti affliggere tanto, tutti dobbiamo morire una volta, chi prima e chi dopo». Indi, quasi avesse qualche dubbio sulla conversione del padre, disse: «Papà, ma tu sei veramente cattolico? …». Il povero padre, straziato dal dolore, rispose « Sì figlio mio, farò tutto quello che vuoi. Credo in Dio Padre Onnipotente; credo che solo Lui ti può aiutare».
«Va bene», rispose rassicurato e contento riprese cantare: «Gesù mio con dure funi ecc…». Le sue espressioni, alternate col canto delle strofe della passione, continuarono per tutta la giornata del 29 settembre finchè non entrò in agonia, durata circa mezz’ora. Poi serenamente e dolcemente rese la sua bell’anima a Dio, lasciando nell’animo di tutti i pre-senti una gioia di Paradiso e la convinzione che se ne fosse volato diritto in Paradiso. Dopo il decesso del ragazzo, il Padre chiese all’ amministrazione della clinica di dargli il Crocifisso che aveva tanto baciato il figlio per tenerlo come caro ricordo e l’ottenne.
Angri, 5-5-1954

G.A.